Le ultime scoperte scientifiche, soprattutto in campo biologico, stanno consolidandosi sempre di più nel considerare anche gli organismi come degli algoritmi.
Il muro che separa l’organico dall’inorganico è ormai rotto, e sta producendo un cataclisma biologico, riducendo la rivoluzione informatica a un vecchio retaggio storico. Stanno iniziando la bioinformatica, la bio-info-matematica, la bio-big-data-logica.
Fino ad ora abbiamo sempre diviso la realtà in due categorie: la realtà oggettiva – come ad esempio la forza di gravità, che esiste indipendentemente dalle nostre sensazioni o credenze – e quella soggettiva, che dipende dalle proprie sensazioni o credenze.
Oggi abbiamo la sintesi di queste due categorie in un’unica realtà, intersoggettiva: la realtà di rete, costituita da un numero elevato di oggetti e soggetti, in rete, in comunicazione, che condividono le stesse credenze. Una realtà fatta, senza distinzioni, di algoritmi biochimici e elettronici, connessi in rete senza chiari confini. Una maglia che, come la tela di Penelope, non potrà mai avere fine – perché ogni volta ricomincia.
Fino ad ora abbiamo sempre diviso la realtà in due categorie: la realtà oggettiva e quella soggettiva. Oggi abbiamo la sintesi di queste due categorie in un’unica realtà intersoggettiva: la realtà di rete, costituita da un numero elevato di oggetti e soggetti che condividono le stesse credenze.

E l’uomo? Anche lui un semplice algoritmo. Le emozioni? Non altro che algoritmi biochimici, necessari per la sopravvivenza e la riproduzione. L’algoritmo è un insieme ordinato (logiche) di istruzioni usate per fare calcoli, trovare soluzioni e prendere decisioni. La ricetta per preparare la pizza è un algoritmo. E le emozioni più complesse come la paura? Decidere o non di attraversare una strada, non è che il risultato di un algoritmo biochimico, che dopo aver raccolto una serie di dati, valuta le probabilità di non essere investito, di sopravvivere. Il desiderio? Un algoritmo necessario per la procreazione delle specie. Dio? È considerato dai più come frutto dell’immaginazione, e l’immaginazione non è forse il prodotto più evidente del noi essere algoritmo biochimico?
In questo mondo, chi è il saggio? I dati sono alla base di ogni attività. I dati, elaborati diventano informazione, raffinata poi in una conoscenza che produce la saggezza. Gli algoritmi più performanti, in grado di rielaborare l’infinità di dati sempre crescente, saranno i saggi.
E il significato della vita? L’uomo sta diventando un minuscolo chip all’interno di un aggregato di algoritmi, che ogni giorno produce e assorbe migliaia di bit, in connessione con infiniti altri bit. Interno di questo flusso di dati, noi algoritmi connessi con altri algoritmi, sia essi organici o inorganici, già oggi vivere significa sperimentare qualcosa, registrarla (ad esempio con foto e video) e condividerla in rete.
L’uomo sta diventando un minuscolo chip all’interno di un aggregato di algoritmi. I bit prodotti dall’uomo, sono equivalenti a quelli prodotti da una gallina o da una pianta. Ciò che ci differenzia, per ora, è che solo l’uomo li può condividere in rete. Condividere in rete non è questione di moda, significa esistere, vivere.
Quale è quindi la differenza tra il vivere dell’algoritmo uomo, rispetto al mondo animale e vegetale? I bit prodotti dall’uomo, sono equivalenti a quelli prodotti da una gallina o da una pianta. Ciò che ci differenzia, per ora, è che solo l’uomo li può condividere in rete. Condividere in rete non è questione di moda, significa esistere, vivere. Già ora valutiamo di fatto le esperienze degli altri più per quello che postano – ovvero condividono in rete – che non per quello che ci raccontano direttamente. E poi chi ha tempo e voglia di ascoltare gli altri?
L’algoritmo-uomo è libero di prendere decisioni? Di fatto non siamo fatti che di geni e reazioni chimiche, plasmati dall’ambiente esterno. Anche se noi uomini possiamo possedere il libero arbitrio, non ci abbiamo già di fatto rinunciato delegando le nostre scelte a altri algoritmi? Google Maps, ad esempio, decide per noi quale strada percorrere, in attesa dell’automobile che – con l’avvento del 5G – sia in grado di guidare direttamente da sola. Come disse Dostoevskij: “Se tu dai la libertà all’uomo, lui non sa che farci, te la restituisce”. Gli altri algoritmi ringraziano.
Ed ecco che quando si passerà da internet delle cose a internet di tutte le cose, l’uomo sapiens si estinguerà. The end.

Nella realtà di rete, l’uomo ha ancora qualche speranza di poter essere uomo?
L’unica speranza risiede nella possibilità di essere il baco del sistema – come di fatto siamo sempre stati da quando abitiamo il sistema terra. Di essere come un buon e sano mulo, che decide di non decidere, che sta fermo immobile, nonostante le botte, trucchetti, incentivi; e non decidendo dà scacco matto a tutti gli altri algoritmi.
Quando arriverà il diluvio universale di dati, un Noè salverà la nostra specie. Human sì, ma sicuramente non più sapiens.