Ratzinger, il mercato e donare

 “Il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri.” – Papa Ratzinger. Caritas in veritate. 2009.

Il mercato non può nascere per via legislativa, per editto; certo si può regolare, disciplinare, ma non ci può essere mercato senza uno scambio che non sia volontario. Non ci può essere mercato senza volontarietà delle persone.

Nel mercato, uomini liberi cum-petono per ottenere il meglio possibile. Le disfunzioni del mercato non si possono correggere con l’assistenza, i poveri non sono un peso, ma una risorsa che si deve ancora valorizzare. La povertà, peraltro, non è un ostacolo alla carità: lo è invece la previdenza sociale. È dimostrato, infatti, che chi riceve sussidi di disoccupazione devolve in beneficenza 3 volte meno rispetto ad una persona con un basso reddito in proporzione al suo reddito.

La governance di mercato – dove la nozione di governance è ben diversa da quella di governo, ai tempi della globalizzazione 2.0 (quella digitale), deve essere il meno possibile centralizzata e monocromatica ma poliarchica, Meglio il disordine arruffato dei suk agli algidi, presunti ordini dei mercati regolamentati. Solo un mercato libero, che agevoli il commercio, lo scambio, può portare alla tolleranza.

Anche nell’ambiente digitale/virtuale, l’uomo nel suo agire economico non può operare in un vuoto morale, ma sempre necessariamente dentro un contesto culturale. Ogni ambiente, anche quello digitale non può negare il valore della persona umana, a partire dal diritto di partecipare alla dimensione economica. La fiducia, la moralità, l’empatia, la giustizia sono compagni indispensabili della mano invisibile della economia di mercato. I cittadini digitali, chiamati utenti, sono anche i sovrani: se si eliminasse l’accesso e la volontarietà, all’uomo rimarrebbe solo il diritto di obbedire. Cosa è dunque la vita morale se non il mercato delle richieste?

Il mercato non va confuso né con il dono né con il furto. La vita non si risolve nel mercato e l’esperienza del dono ci può aiutare a vivere una dimensione più autentica, umana, nei rapporti con l’altro. Nella dimensione del dono, il mercato ha lo scopo di creare ricchezza: una ricchezza che si eredita, si costruisce e con la donazione si con-divide. Cosa è il donarsi se non l’aprirsi all’altro? Donare è tra le attività più difficili, perché deve essere fatto in modo non solo che nulla si perda, ma deve essere fatto in modo che ciò che viene donato possa essere restituito. In questo il donare rispecchia l’agire nel mercato: è una borsa aperta, ma non forata, da cui chiunque può attingere, ma dalla quale nulla deve cadere sprecato.

L’accesso al mercato è alla base di tutti i diritti pubblici: per questo lo stato e le istituzioni pubbliche, devono fare il possibile per agevolare l’accesso a tutti, anche a costo di limitare i diritti di qualcuno, salvo ripristinarli non appena sia stato garantito un accesso libero e volontario al mercato per chiunque.

 

Foto di Renate Vanaga su Unsplash

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